Stop ai Diesel nei centri storici?

Da qualche tempo è cominciata la battaglia contro i motori diesel, sempre più banditi dalle nostre città e dai mercati perchè considerati colpevoli di inquinare e di rendere irrespirabile l’aria nelle città come Milano, Torino, Roma, Palermo dove, in questi ultimi periodi, i valori di NO2 registrati, sono in media superiori di quasi il 50 per cento  rispetto a quelli delle altre città meno popolate delle metropoli del nostro Bel Paese.
I bambini, sono le principali vittime più esposte al bombardamento di NO2, poichè giorno dopo giorno, per cinque giorni a settimana, ogni mattina nel recarsi a scuola, respirano a “pieni polmoni” gas irrespirabili, prima di sedersi ai loro banchi.
Alla luce di questi dati, la scelta di alcune amministrazioni è stata obbligata ad emettere, in tempi brevi, il divieto di circolazione pure agli Euro 6 diesel, ovvero al modello meno inquinante, presente sul mercato e, soprattutto, ha dato ascolto al ripetuto appello di Greenpeace che ha chiesto ai sindaci delle città italiane più colpite dal biossido di azoto  di prendere provvedimenti radicali e repentini, al fine di abbattere  drasticamente questo livello d’inquinamento.
Ad oggi, quasi tutte le amministrazioni interpellate, hanno risposto all’appello dell’associazione attivandosi per l’appunto, con divieti di circolazione. E, questo, nonostante molti comuni, avessero sborsato milioni di euro per adeguarsi alle norme ambientali e di sicurezza.

Con la guerra al co2 e con i nuovi limiti da raggiungere, siamo di fronte ad una  vera e propria “ guerra industriale” contro i colossi europei.
Di fatto, in Europa, le industrie automobilistiche hanno investito sui diesel già a partire dalla prima guerra mondiale; diversamente all’estero, non riuscendo a contenere le emissioni con la commercializzazione dei motori a benzina e, non volendo convertirsi all’utilizzo dei motori diesel, specialità europea, hanno messo in atto diverse strategie commerciali per combattere questi propulsori.
Dalla sua nascita, il motore diesel,  brevettato nel 1892 da Rudolf Diesel,  ad oggi, i costruttori delle migliori aziende automobilistiche europei hanno sviluppato tecnologie e conoscenze tali da produrre auto sempre più pulite e meno inquinanti.
I costruttori presenti negli Stati Uniti, invece, o  quelli cinesi, per non dire dei  colossi Giapponesi, hanno scelto di proseguire la loro strada preferendo l’utilizzo di altri combustibili. Col risultato di  mettere sul mercato motori di grossa cilindrata, con emissioni di Co2 altissime.

Cosa dice la legislazione

Di fatto, le norme europee parlano chiaro, non dando adito ad interpretazioni erronee:
La norma DIN EN 51.605 specifica le caratteristiche attese di un olio vegetale da utilizzare come combustibile alternativo. Questo tipo di combustibile è spesso chiamato PVO (Pure Vegetable Oil), e come già detto, non è il biodiesel.
La norma DIN EN 14214 specifica le caratteristiche che deve avere il biodiesel per essere utilizzato da solo o miscelato con gasolio convenzionale in proporzioni variabili.
La norma DIN – EN 590 definisce le caratteristiche del gasolio per autotrazione. Dal 2004 è ammissibile che il gasolio possa contenere fino al 5% di biodiesel, e nonostante possa continuare ad essere considerato “gasolio”.
Le compagnie petrolifere in virtù di questa norma lo vendono (solitamente più caro) con nomi di fantasia come: “Dieselplus”, “Extraplus”.
Tecnicamente le miscele di biodiesel e gasolio si denominano B5, B20, e così via fino al B100.
Il numero dopo la B indica la percentuale di biodiesel miscelata al gasolio. Così B5 significa un 5% di biodiesel e un 95% di gasolio.
Il B100 rappresenta il biodiesel puro.
Se si vuole vedere “oltre” le  linee guida delle normative europee  è difficile, quindi, poter  immaginare in tempi brevi  che si arrivi a soluzioni alternative ai diesel, altrettanto efficaci in termini di consumi e inquinamento, in particolare, per quanto riguarda le auto di grosse cilindrate e per i mezzi di trasporto merci. Anche perchè se l’auto elettrica, oppure ibrida, rappresenta attualmente l’unica alternativa “green”, bisogna fare pure i conti con  un Paese  privo di sufficienti colonnine di ricarica.
Pertanto, per rendere davvero competitiva la mobilità “green” bisogna dotare il Paese di infrastrutture, e soprattutto, è necessario  un impegno delle istituzioni ad elaborare politiche chiare e con orizzonti temporali di medio lungo periodo.

Il nemico da combattere: la demonizzazione del motore diesel

Se negli Stati Uniti avessero dovuto rispettare le stesse norme europee, si sarebbero trovati con le industrie fuori gioco incapaci tecnicamente di adeguarsi alle regole, con costi elevatissimi per il loro stato sociale.
E’ risaputo che dall’altra parte del mondo, in una nazione come la Cina, s’inquina a profusione poichè la loro crescita industriale è alle stelle.
Diversamente, per quanto riguarda il Giappone, la scelta di andare incontro alle norme sulla Co2 ha prodotto l’invenzione dei motori ibridi, che abbinano un elettrico a un motore a benzina.
La Toyota, infatti, abolendo i motori diesel dal loro listino, si è proposta sul mercato come un baluardo a favore della natura.
In fondo, c’è da aspettarselo dai i padri dell’ibrido. E poiché hanno sviluppato per primi questa tecnologia, non gli è sembrato vero di propagandare la loro visione filosofica.
Se poi dobbiamo dirla tutta, la Toyota i diesel non li ha mai saputi fare ,seppure usando persino i motori della grande casa tedesca BMW, su alcuni modelli, erano riusciti a fare peggio degli originali.
C’ è da dire, o meglio, ricordare ai nostri amministratori  e politici, qualcosa di assoluta importanza per la storia di questa grande rivoluzione, quale è stata l’invenzione del motore diesel: l’evoluzione del motore Diesel  ha conosciuto un vero e proprio boom dalla metà degli anni novanta in poi.
Di conseguenza è enormemente cresciuto il numero di automobili Diesel anche in conseguenza delle normative europee.
Grande eco ha avuto la sua commercializzazione in Germania, Italia e Francia.
La Fiat, colosso dell”industria automobilistica italiana nel 1987, è stata la prima casa ad avere introdotto l’iniezione diretta. Dieci anni dopo ha lanciato i propulsori Jtd, dotati del rivoluzionario sistema d’iniezione common rail Unijet, ideato e sviluppato dal Gruppo Fiat e in seguito ceduto alla Bosch per la fase finale dello sviluppo e dell’industrializzazione. Tutto questo non può essere dimenticato, o peggio, abolito.
Quindi, quale futuro si prospetta per il commercio delle autovetture con motore diesel?
Il diesel, secondo la maggior parte delle case produttrici d’auto che erano presenti al Salone di Ginevra  lo scorso 9 Marzo 2018, hanno espresso il loro assenso al suo utilizzo, dichiarando che: “Il diesel è ancora oggi uno dei motori più efficaci e virtuosi sotto il profilo ambientale”.
L’Ad di Kia Italia Giuseppe Bitti ha ribadito: “Un motore diesel moderno emette meno Co2 rispetto a un benzina di pari cilindrata e prestazioni”.
Quindi è un po’ una mistificazione e demonizzazione di un motore che dal punto di vista termodinamico è molto più efficiente del benzina”.

Diesel si Diesel No

E quindi, nel 2018 acquistare un’auto diesel con gli incentivi conviene?

Le aziende rivelano che i costi per lo sviluppo di motori diesel in grado di rispettare le nuove normative europee, sarà il 20% più alto rispetto al passato, a causa del crollo della domanda e, all’aumento dei costi per rendere la tecnologia in linea con gli standard delle emissioni.
Lo dichiara il Financial Times citando alcune fonti, secondo le quali Fca annuncerà la decisione di dire addio al diesel nel corso della presentazione del piano industriale il prossimo’1 giugno 2018, per le autovetture private. Fca ha dichiarato che manterrà comunque l’opzione diesel, solo  ed esclusivamente per i veicoli commerciali.
Quindi, se da un lato  il diesel resta un motore divertente a consumi contenuti, dall’altra  potremmo ritrovarci tra 5 anni, con il rischio di una super svalutazione, nel caso in cui si volesse rivenderla, ed è giusto sapere che non varrà più niente. Forse, probabilmente, si dovrà  pure pagare per smaltirla.
Ma il reale problema è un altro: in questi 5 anni spesso potremmo trovarci nella condizione di non poter andare in determinati luoghi o città, poiché alla nostra auto è vietato l’accesso.
Cosa che, di fatto, la renderebbe un acquisto inutile e oneroso. Valida alternativa rappresenta il noleggio a lungo termine che consente all’utente l’utilizzo del bene senza un grande investimento, con l’opportunità di cambiare autovettura in qualsiasi momento si rappresentassero esigenze diverse, e scavalcare così il problema, ad esempio, del divieto d’accesso alle città. Ma l’ultima parola, si sa,  resta a voi acquirenti, vere lancette dell’andamento del mercato.